Spazi abitati da migliaia di “ senza tetto “, inseriti ormai in una sorta di nicchia che disegna parte della città.
Con il termine “ persona senza fissa dimora “ si indicano le situazioni di disagio adulto nelle quali cause o eventi di carattere soggettivo, sommati ad altri di tipo oggettivo, provocano nel tempo la rottura e l’isolamento dalle reti sociali.
Chi è straniero fatica a trovare spazio in una condizione culturale “altra“, chi è italiano si disinserisce da una condizione culturale originariamente propria.
La dissocializzazione viene in alcuni casi dettata da una sorta di diacronicità della vita in strada, dovuta a condizioni temporanee che ne dettano il carattere come ad esempio la perdita della casa ma il mantenimento del lavoro.
A livello spaziale questo comporta la colonizzazione dei luoghi più comuni della città, provocando delle vere e proprie “amnesie urbane“.
Nel primo caso l’esigenza di integrazione, di “inclusione”, anche se solo temporanea
(dato l’intento di ritornare al paese di origine), convive paradossalmente con la necessità di nascondersi (perché manca il permesso di soggiorno o per motivi legati all’illegalità ).
Nel secondo caso, non è importante dove si vive , dove si sosta: basta poterlo fare e spesso nei luoghi più affollati e più intrisi di “materia umana” da guardare, osservare come si fosse davanti ad un grande televisore, condizione che favorisce l’astrazione dal contesto urbano e, contrariamente al caso precedente, comporta un processo di
“esclusione“ a tempo indeterminato.
Come si attrezza la città rispetto queste realtà?
Perché a Milano, considerati i dati statistici, la situazione è allarmante rispetto a Roma o ad altre città italiane ed europee?
Milano è la città dell’economia, la “faccia” del consumismo globale e questo, forse in parte, spiega il motivo di un’immigrazione così cospicua.
Ma perché gli homeless sono in aumento?
Perché la città viene da loro vissuta nei suoi anfratti più intimi, più vivi, più pulsanti?
Di fronte a questi interrogativi diventa interessante un tentativo di lettura di questa forte stratificazione su strada, in relazione, appunto, all’offerta deficitaria che Milano propone .
Milano ha smesso di attrezzarsi per andare incontro al disagio e forse questo potrebbe essere un punto di partenza nel tentativo di comprendere il perché si diventa homeless: i parchi, i vagoni in sosta alla Stazione Centrale, vengono controllati nella notte dai cani lupo; la polizia municipale ha iniziato da tempo un processo di rottamazione di tutti i veicoli abbandonati, che fungono da letto provvisorio ed è costante l’intento di eliminare il problema per fare in modo che la città al suo risveglio trovi tutto in ordine.
Ma il tentativo di eliminazione del problema, semplicemente rimuovendolo, senza affrontarlo e tentare di risolverlo, fa si che l’emergenza si rigeneri con maggiore forza.
E se Milano si aprisse inglobando con una forma di accettazione e di
micro-trasformazione spaziale, una realtà che ormai le appartiene?
Gli homeless, sarebbero di meno?
EUROPA
La prima parte del lavoro si concentra nel tentativo di dare una chiara definizione del concetto di “homeless” negli stati d’Europa.
L’intento è quello di raccogliere attraverso dati e politiche rappresentati in forma di mappa, una visione globale della condizione legata alla mancanza di alloggio, al concetto di povertà, rispetto alle soluzioni proposte .
Spesso, semplicisticamente, si identifica come “senza dimora” il vecchio clochard che, facente parte di un antico immaginario, sembra non voler avere molto a che vedere con alcune soluzioni di natura urbana e di reintegrazione sociale. Nel 2000 è stato redatto il primo rapporto sugli homeless e sulla natura differente che questa denominazione ha assunto nelle varie città europee nel tempo, con l’obiettivo di identificare, poi numericamente e concettualmente una problematica mutevole e sempre in aumento, su tale documento si basa la mappatura di risposta a quattro quesiti:
chi è homeless? Alcune nazioni europee, hanno maturato delle definizioni rispetto alla tipologia insediativa che il senza dimora usa per vivere, mangiare, dormire; unendola alle condizioni sociali che ne determinano l’indirizzo di vita.Ne emerge una interpretazione unitaria che identifica come senza dimora, chiunque non possa permettersi un alloggio, chiunque viva in stato di povertà e spesso irregolarmente in quanto cittadino effettivo oppure straniero come conseguenza dell’incipiente flusso migratorio che ha coinvolto tutta Europa in questi ultimi dieci anni
quante persone vivono senza casa? La totalità delle persone mal alloggiate e obbligate a vivere in alloggi sovrappopolati e di qualità nettamente insufficiente sono 15 milioni.Di queste, 2,7 milioni oscillano tra amici e parenti, camere ammobiliate, affittate per un breve periodo, centri d’accoglienza, di pronto intervento e la strada.Non sempre le città europee sono dotate di osservatori che possano restituire la dimensione effettiva del problema. Attraverso il racconto dei numeri disponibili per ogni paese, sarà poi possibile un confronto con le politiche in atto.
dove alloggiano, quali strutture vengono offerte? Dormitori, alloggi per medie permanenze, istituzioni che si occupano del fornire un posto letto , alloggi riservati ad immigrati o a sole donne. Il racconto numerico delle persone che usufruiscono dei vari servizi offerti, serve a comprendere le soluzioni adottate in alternativa alla mancanza di alloggi disponibili e rispetto alla presenza delle strutture attive nel tentativo di reinserimento delle persone disadattate evidenziando caratteri differenti del problema a seconda della struttura dei paesi stessi
quali politiche? Gli interventi consolidati si basano fondamentalmente su quattro principi riconoscimento del diritto all’alloggio favorirne l’accesso prevenzione e riduzione del fenomeno dei senza dimora rendere accessibile il costo degli alloggi anche per coloro che non dispongono di risorse sufficienti, rispetto a questo vi sono alcuni paesi che sperimentano dei programmi di attuazione funzionanti.
Restringendo il campo d’osservazione, è necessario mappare quantitativamente la presenza dei senza dimora in Italia; unico dato disponibile rispetto alla visione globale del problema, Roma si differenzia da Milano fortemente, in quanto oltre al numero più ingente di casi presenti, attua dei programmi risolutivi efficaci grazie ad un’organizzazione comunale funzionante e attiva.
DOMANDA E OFFERTA A MILANO
Centri d’ascolto, Ambulatori medici, Mense, Docce pubbliche, Prima accoglienza, Seconda accoglienza, Terza accoglienza.
Ognuno di questi elementi racconta attraverso una raccolta dati, differenti aspetti della situazione: chi ne usufruisce, chi non ne ha modo, quali esigenze emergono, come è cambiata la situazione negli ultimi anni, quali dati vengono resi ufficiali e quali rimangono celati di fronte ad una condizione di vita e di occupazione degli spazi nell’illegalità, quanti alloggi mancano e quanti rimangono inusufruiti senza essere messi a disposizione.
Ne deriva l’osservazione di come alcune porzioni di territorio rimangano scoperte rispetto a delle esigenze primarie definendo delle incoerenze non solo organizzative ma anche strutturali.
RETI
La mappatura di tutte le strutture che offrono assistenza vuole raccontare come e quali relazioni avvengono tra gli attori, in condizioni normali e in condizioni di emergenza.E’ così più direttamente rilevabile quali associazioni seguano un percorso graduale di reinserimento delle persone che aiutano creando reti di intervento che possono essere indirette o dirette, ossia che precludono o meno la collaborazione con altri enti. Ognuna di queste associazioni inoltre si definisce rispetto ad un contesto che ne permette l’attività: finanziamenti, volontariato, gestione.
RETI MOBILI
Durante la notte, una porzione di Milano viene percorsa da sei unità mobili che spesso intrecciano i loro percorsi prestando servizio a chi vive in strada. La mappa dei loro tragitti sottolinea anche i piccoli pezzi di città che nelle ore notturne vengono usati per dormire.
SCENARI POSSIBILI A PARTIRE DA NUOVE RETI
La terza e ultima fase, a conclusione di un’analisi oggettiva del problema, tenta di dare delle risposte ad una situazione molto radicata, che mette in difficoltà la natura progettuale alla quale si viene educati. Forse il piccolo intervento sulla composizione della città determina un nuovo modo di viverla per com’è, non va rifatta quindi ma corretta. La risposta può riguardare la visualizzazione di alcuni scenari possibili che prendono in considerazione azioni già esistenti nella configurazione dell’ambiente urbano stesso che possono essere modificate o che possono essere azioni da inventare. Ciò può portare ad un progetto di micro-trasformazione della città e dei suoi luoghi mutandone la conformazione socio spaziale.
SCENARI
frammenti Molte sono le strutture che capillarmente agiscono sulla città, prestando servizi di quotidiana natura, lavorare su queste e dotarle di una particolarità in più, può allargare la rete di assistenza: i contenitori di vestiti usati per i poveri presenti nella città sono causa di decessi avvenuti in milano più volte ed è un paradosso, il fatto che servano a dare aiuto a chi poi non ne ha accesso.Dotare la città di spazi aperti, che già esistono, dai quali recuperare indumenti, alimenti, medicinali renderebbe libera l’acquisizione di un diritto. Nello stesso modo, pensare ad un sistema di distribuzione di elementi primari attraverso unità mobili che già operano altri tipi di servizio del tutto differenti, contribuirebbe a mutare una conformità sociale e di pensiero.
azioni La mobilità dell’assistenza permette che il senza casa venga attratto e condotto verso un processo di reinclusione. La linea 90.91 conduce ogni giorno centinaia di senza dimora attorno al centro nevralgico della città compiendo un giro quasi perfetto. Sfruttarne le condizioni significa reinterpretare uno dei suoi giri notturni attrezzando uno dei mezzi all’ascolto, alla possibilità di effettuare visite mediche, consulenze legali e distribuzione di pasti caldi.
preesistenze Spazi esistenti, fissi, nel tempo abbandonati e riconvertiti come i vecchi bagni pubblici, caselli daziari, depositi inusufruiti, magazzini delle stazioni, negozi chiusi nei metrò: sono luoghi spesso svuotati di un significato. Riconvertiti ad un uso temporaneo di permanenza potrebbero reinterpretare il concetto di vecchio dormitorio, o di vecchia mensa.
LA GUIDA ALL’UTILIZZO
La guida è un oggetto simbolico da consegnare ad ogni homeless, un piccolo oggetto tascabile in cui viene spiegato l’utilizzo di questa città ricca di risorse.