Parchi ai privati e regia pubblica: lo scatto urgente che serve alla politica

Non è necessario pensare che saranno il fuoco o il ghiaccio a porre fine al mondo, ci sono due altre possibilità: una è la burocrazia e l’altra la nostalgia», diceva Frank Zappa. Progettare, realizzare e poi manutenere un parco a Milano, per un qualsiasi soggetto privato che lo debba realizzare come opera di urbanizzazione a scomputo, non è cosa facile. Spesso, l’interazione con i diversi uffici pubblici non porta subito al risultato sperato e quindi sono di norma tempi vuoti e grandi attese, pareri discordanti dell’uno o dell’altro tecnico che richiedono modifiche. È così spesso i progettisti si arrendono e rinunciano a grandi innovazioni tecnologiche o di progetto, anche per evitare che a edificio finito, il parco di competenza, rimanga inagibile per anni. Una volta realizzata l’opera, sempre a carico del privato, c’è poi la sua manutenzione che costa 10 euro al metro quadro all’anno, compreso lo smaltimento rifiuti.
È chiaro, però, che anche il ciclo di impoverimento delle istituzioni pubbliche, in un momento per Milano così rivoluzionario e appetitoso per investitori e fondi, rischia di spingere verso la privatizzazione di questi spazi. Da decenni le amministrazioni non ricevono finanziamenti pubblici, salvo poi trovarsi a dover gestire fondi del Pnrr in tempi strettissimi.

Il 17 maggio scorso il Consiglio comunale ha approvato la delibera di giunta che aggiorna gli oneri di urbanizzazione secondo criteri differenziati, dividendo il territorio di Milano in due grandi fasce: quella più centrale, e quella che invece si trova oltre la circonvallazione esterna, con il tentativo di favorire processi di rigenerazione urbana soprattutto nelle aree meno centrali. L’aumento medio dell’indice è del 37,92%, come da adeguamento Istat, ma nel centro costerà il 113% in più, in periferia solo il 10% in più. Un aggiornamento che, dopo 15 anni, per il Comune si è reso necessario non solo per recepire le disposizioni normative, ma anche per il forte aumento dei valori degli investimenti immobiliari degli ultimi anni.

Questo è sicuramente è un segnale, ma il rischio che fondi e grandi investitori, con maggiore disponibilità economica, definiscano le logiche di trasformazione urbana della città a loro vantaggio, in assenza di una guida ancora più severa, al di la dei meandri della burocrazia in cui il controllo delle pratiche si rifugia, è alto.

Per scongiurare un ribaltamento di potere tra pubblico e privato, come teorizzava Ivan Illich (e come bene lo approfondisce in un bellissimo libro dal titolo “Gli irregolari”, Gabriele Pasqui) diventa oggi più che mai urgente ripensare l’azione pubblica, ripoliticizzare le istituzioni e la loro azione, ridare centralità al pubblico senza rinunciare all’intelligenza della società.

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