Nel dibattito sul Macao ci sono tutte le contraddizioni di Milano

Il tentativo di “riattivazione” dell’ex centro sociale ha fatto esplodere, ancora una volta, la discussione su cosa siano oggi gli spazi pubblici della città, a cosa servono e a chi sono dedicati. ne ho scritto per Rivista Studio.

È di nuovo aprile e Milano si prepara, come ogni anno, alla Design Week. La città si stira, si veste di idee innovative, si decora, si mette lo smalto, ridefinisce spazi temporaneamente. Ma può capitare che, anche quando Milano cerca di mostrarsi al meglio, qualcosa si rompa. Può accadere che uno degli eventi accenda un dibattito che vada oltre il design, il food pairing e le installazioni site-specific. Qualcosa capace di scomporre, per un attimo, la solita liturgia della Week più popolare di tutte.

Quest’anno è successo. Al centro del dibattito ci è finito un luogo altamente simbolico: la palazzina liberty di viale Molise, ex Borsa delle Carni del Macello comunale. Uno spazio carico di storia, rimasto chiuso per anni, e che sarebbe tornato in vita, per soli sei giorni, grazie a un progetto chiamato Vocla. Una proposta temporanea curata da Alcova (Vocla al contrario): una piattaforma fondata da Joseph Grima e Valentina Ciuffi e pensata come “design by night”, un insieme di designer emergenti, brand, un programma musicale curato da Radio Raheem e un’offerta gastronomica firmata Yapa. Tra nigiri al Chianti e dulce de leche, un menù da 130 euro a persona, su prenotazione.

Un’estetica immersiva tra intrattenimento e designer poco conosciuti, pensata però all’interno di una palazzina che non è un contenitore per nulla neutro. Quel contenitore è stato infatti, per quasi dieci anni — dal 2012 al 2021 — la casa di Macao: uno spazio occupato e autogestito che ha rappresentato, seppur con i suoi limiti, una forma gratuita e alternativa di cultura, accesso e partecipazione, oggettivamente molto diversa dall’immaginario proposto da Vocla.

E così, quando Macao ha visto annunciata la riapertura dello spazio in una forma così distante dal suo vissuto, ha reagito, dopo un lungo silenzio, con un post secco, denso, durissimo. Ha chiamato la sua comunità a raccolta e definito quella riattivazione un’operazione vuota, gentrificante, priva delle persone che per anni avevano fatto vivere lo spazio dentro quelle mura. Parlando di ferite, non di nostalgia.

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